L’acquatinta è una tecnica di incisione indiretta della matrice nata nel Settecento e derivata dall’acquaforte, che produce effetti simili a quelli dell’acquerello.
Per realizzare un’acquatinta si parte dalla granitura che, a differenza della maniera nera, non avviene manualmente, ma è provocata indirettamente con l’acido.
La lastra viene ricoperta con particolari polveri grasse e cerose quali la colofonia (di origine vegetale) o il bitume di Giudea (di origine minerale), facendole depositare sulla superficie del metallo.
La matrice viene poi scaldata per favorire l’adesione della polvere, che fonde con il calore e aderisce alla superficie della lastra in modo puntiforme.
Durante questa fase si elabora anche l’immagine: con un pennello e della vernice coprente si lavorano le parti che si vogliono lasciare bianche alla stampa.
Si immerge poi la lastra nell’acido per la morsura.
L’acido penetrerà solo tra una particella e l’altra della copertura puntiforme provocando la granitura del metallo, molto efficace per ottenere effetti di chiaroscuro, ombreggiature e mezzi toni.
In relazione ai tempi di permanenza della lastra nell’acido si possono ottenere grigi chiari o più scuri.
Il lavoro procede dai vari toni di grigio verso il nero attraverso morsure parziali interrotte in continuazione da pennellate di vernice.
A procedimento ultimato viene rimosso il fondo e le velature protettive di vernice e la lastra è pronta per essere stampata.
Il risultato che si ottiene mediante questa tecnica è un’immagine formata da zone nettamente campite e di valore luminoso diverso.
Per la stampa di un solo colore si utilizza abitualmente una sola matrice.
Volendo ottenere una stampa a diversi colori, per ognuno di essi si incide una matrice diversa da stampare poi in successione, sovrapponendo le impronte, secondo la sequenza data dall’intensità coprente degli inchiostri di stampa.